Insufficiente la mera buona predisposizione del padre verso i figli per evitargli la decadenza dalla responsabilità genitoriale
Necessaria l’elaborazione concreta, da parte del genitore, di un progetto di assunzione diretta della responsabilità genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento e coabitazione con il minore

La decadenza dalla responsabilità genitoriale rappresenta una misura estrema che implica una valutazione di non affidabilità del genitore a curare gli interessi del figlio, fondata su fatti concreti desunti da indizi gravi, precisi e concordanti. Tale provvedimento è adottabile, quindi, qualora la condotta del genitore si traduca in un grave pregiudizio per il minore, dovendo il giudice di merito esprimere una prognosi sull’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità genitoriali. La valutazione deve considerare l’elaborazione, da parte del genitore, di un progetto di assunzione diretta della responsabilità genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento e coabitazione con il minore, anche con l’ausilio di parenti, terzi o servizi territoriali. L’inadeguatezza genitoriale può manifestarsi non solo attraverso comportamenti commissivi, ma anche mediante condotte omissive quali la scarsa costanza nella presenza, la difficoltà a sintonizzarsi con i bisogni emotivi dei figli e l’incapacità di cogliere le opportunità offerte per il recupero delle capacità genitoriali. Queste le precisazioni fornite dai giudici (ordinanza numero 1617 del 22 gennaio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo ad una complicata separazione. Decisivo, nel caso specifico, il riferimento alla valutazione compiuta dal consulente tecnico, il quale, dopo aver svolto colloqui con le parti in causa, singolarmente, e con i figli, ha accertato che entrambi i genitori dispongono di buone capacità educative e di cura. Ancora più nello specifico, però, del padre si parla più di mera buona predisposizione, ossia una prerogativa che non in concreto non si è mai sviluppata, poiché egli non si è mai cimentato con le questioni pratiche della gestione quotidiana. Sacrosanto, quindi, dichiararne la decadenza dalla responsabilità genitoriale. Nello specifico, risultano difficili da gestire e degni di nota, annotano i giudici, i comportamenti messi in atto dall’uomo e dovuti ad un’organizzazione di personalità improntata alla simulazione di una condizione di perfezione e inattaccabilità e alla difficoltà di prendere contatto con i propri aspetti più profondi di fragilità e bisogno. E questi tratti, del tutto inconsci, sembrano ogni volta boicottare le decisioni raggiunte un attimo prima con l’altro genitore nell’interesse della prole. Inoltre, si è appurato che i minori vivono con la madre, che adeguatamente provvede alla loro crescita e alla loro educazione, mentre essi manifestano segnali di disagio psico-emotivo relativo alla condizione di forte conflittualità tra i genitori, disagio che si manifesta con tensione e ansia quando sono in compagnia del padre. Di tale disagio, però, il padre non sembra accorgersi. E, così, lui risulta percepito come figura talvolta piacevole talvolta minacciosa, mentre la prole percepisce la figura materna come fonte amorevole di cure e attenzioni, base sicura e costante. E questa dinamica è sostenuta dalla mancanza di costanza dei tempi di frequentazione con il padre.