Contratto risolto per vizi della cosa e denaro restituito al compratore: si deve tener conto dell’uso che ha fatto del bene

Necessario garantire l’equilibrio tra le reciproche prestazioni restitutorie delle parti ed evitare un illegittimo vantaggio per l’acquirente che abbia continuato ad utilizzare il bene

Contratto risolto per vizi della cosa e denaro restituito al compratore: si deve tener conto dell’uso che ha fatto del bene

In caso di risoluzione del contratto di vendita per vizi della cosa, nella determinazione del prezzo da restituire al compratore si deve tener conto dell’uso del bene fatto dal medesimo compratore. Ciò al fine di garantire l’equilibrio tra le reciproche prestazioni restitutorie delle parti ed evitare un’illegittima locupletazione dell’acquirente che abbia continuato ad utilizzare il bene, ancorché accertato come viziato ma non completamente inidoneo al suo uso, determinandone una progressiva e fisiologica perdita di valore. Questo il principio fissato dai giudici (ordinanza numero 28838 dell’8 novembre 2024 della Cassazione), i quali, chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo ad una vettura acquistata e rivelatasi caratterizzata da una serie di gravi difetti, aggiungono poi che alla risoluzione del contratto consegue sia un effetto liberatorio, per le obbligazioni che ancora debbono essere eseguite, sia un effetto restitutorio, per quelle che siano, invece, già state oggetto di esecuzione ed in relazione alle quali sorge, per l’accipiens, il dovere di restituzione, anche se le prestazioni risultino ricevute dal contraente non inadempiente. Se tale obbligo restitutorio ha per oggetto somme di denaro, il ricevente è tenuto a restituirle maggiorate degli interessi calcolati dal giorno della domanda di risoluzione e non da quello in cui la prestazione pecuniaria venne eseguita dall’altro contraente. Ampliando l’orizzonte, poi, i magistrati precisano che in virtù dell’operatività del nesso sinallagmatico che connota il contratto di vendita e in dipendenza degli effetti retroattivi riconducibili alla risoluzione contrattuale, nella determinazione del prezzo da restituire al compratore di un’autovettura, che abbia agito vittoriosamente in redibitoria, si deve tener conto dell’uso del bene fatto dal medesimo compratore. Per quanto concerne, infine, l’azione di risarcimento dei danni proposta dall’acquirente, ove sia sorta l’obbligazione di garanzia, trattandosi di vizi non facilmente riconoscibili – come nel caso specifico, in cui è stato accertato un vizio dell’autovettura relativo alla rottura del volano, che ha determinato la risoluzione del contratto – grava sul venditore una presunzione di loro conoscenza, e per superare tale presunzione non è sufficiente provare di non averli conosciuti, occorrendo invece la dimostrazione di averli ignorati senza colpa. Poi, sulla quantificazione del danno derivante dal ricorso a un finanziamento, va osservato che essa è stata circoscritta ai soli interessi passivi dovuti limitatamente all’ammontare del prezzo di acquisto dell’autovettura, quali effetti diretti e immediati della responsabilità.

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